La sincronicità e le sue implicazioni sono largamente connesse alle teorie di Bohm, fisico e filosofo le cui argomentazioni permettono di ricondurre il tutto a un Uno, e intrecciano in modo affascinante fisica, metafisica e filosofia.
La fisica spiega queste teorie con la meccanica quantistica, che fonda i propri capisaldi sulle proprietà ondulatorie degli elettroni e sulla scoperta che l’elettrone può agire come particella o come onda a seconda dalle condizioni ambientali (cioè a seconda delle scelte dell’osservatore).
Le teorie quantistiche aprono nuovi scenari, in cui l’oggetto osservato non può essere distinto dall’osservatore, perché è proprio quest’ultimo che gli dà significato.
Le teorie quantistiche dimostrano interazioni fra particelle per mezzo di un campo, il campo olistico, che permette di ricondurre la responsabilità della nostra evoluzione e del nostro benessere a noi stessi.
L’essenza del tutto fa parte del tutto ed è uguale al tutto.
Questa affascinante teoria ipotizza che l’intero universo possa essere in realtà una sorta di illusione, una rappresentazione infinita che contiene tutte le informazioni possedute dall’Integro.
Secondo Krishnamurti, qualsiasi relazione dell’universo deve essere concepita olisticamente in quanto interconnessa alle altre, a favore di un ordine sottostante che agisce senza che ne siamo a conoscenza.
Oltre a queste nozioni prettamente fisiche, troviamo riscontri in altre discipline, come la medicina, la filosofia e la religione: ogni anima è sottilmente ma indelebilmente interconnessa con le altre, e lo sbilanciamento di una si ripercuote su tutte.
Da un punto di vista prettamente umanistico, questo approccio fa emergere la gravità dell’inconsapevolezza del nostro essere Uno, l’individualismo della società, la corsa al potere, l’autoaffermazione e l’egoismo.
Questi, secondo Bohm, sarebbero dei veri e propri cancri, che comprometterebbero la vita e la prosperità dell’uomo sulla terra.
Per sincronicità, Jung intende ciò che comunemente viene chiamato coincidenza, cioè la tendenza di fenomeni simili o connessi a manifestarsi simultaneamente ma in modo inatteso.
Dall’esperienza clinica, Jung trasse quindi l’impulso necessario per giungere a formulare la spiegazione di una serie di fenomeni che venivano considerati assolutamente inspiegabili.
La teoria della sincronicità si fonda sulla constatazione dell’esistenza di “un’incredibile parallelismo tra fatti psichici e fenomeni fisici” rispecchiato a livello quantico dalla tendenza delle particelle fondamentali a comportarsi ora come onde, ora come particelle.
Jung era convinto che le idee o i fatti aventi in comune il medesimo significato si attraggano reciprocamente, quasi come due calamite, anche se tra loro non appare alcun rapporto causale. Pensava che questi significati comuni potessero congiungersi al livello della realtà quotidiana perché al livello più profondo (quello della realtà trans-psichica, in cui tutte le menti ritrovano la loro unità originaria) tutti i significati di uno stesso tipo sono simultaneamente legati tra loro. La teoria della sincronicità, come si vede, è strettamente connessa con la teoria dell’inconscio collettivo e degli archetipi.
L’idea fondamentale che anima tutta l’opera di Jung è che gli uomini, in quanto specie, hanno in comune molteplici ricordi ed esperienze, e questo inestimabile patrimonio è depositato nell’inconscio collettivo; i ricordi e le esperienze che popolano l’inconscio collettivo hanno un carattere tutto particolare: esistono sotto forma di archetipi, ovvero immagini psichiche che racchiudono in sé le idee comuni a tutta l’umanità.
Gli archetipi di Jung rappresentano dal punto di vista psicologico ciò che le idee di Platone rappresentano a livello filosofico e, proprio come faceva Platone parlando dell’intelletto, Jung sostiene che l’insieme della vita inconscia (sogni, impulsi, forme mitologiche, creatività artistica, ecc.) rispecchia l’universo degli archetipi, traendo da essi la propria energia psichica e trasferendoli continuamente nella personalità e nel comportamento individuali.
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